Le cronache di questi giorni raccontano della tragica fine di un ragazzo, probabilmente disarmato, vittima in uno scontro con la Polizia Municipale del Comune di Milano, e mettono ancora una volta in evidenza le responsabilità ed i gravi pericoli contro i quali può incorrere un operatore di polizia. Infatti, durante il proprio servizio d’Istituto, in circostanze di estrema necessità, si deve valutare in tempi ristrettissimi come rispondere ad una aggressione armata. Ma quando la difesa supera l’offesa, lo scenario futuro per l’operatore di polizia, oltre al grande tormento, potrebbe aprire le porte del carcere. Prendendo spunto da un altro episodio, accaduto ancora una volta nel Comune di Milano e sempre ad un agente della Polizia Municipale (travolto da un fuoristrada), una reazione apparentemente blanda e debole può ugualmente trasformarsi in tragedia.
Sono certamente due casi complessi e delicati per i quali si potranno esprimere pareri soltanto dopo i relativi processi, in cui verranno stabilite le responsabilità, ma che per noi operatori di polizia evidenziano già da ora un problema reale, che emerge ogni qual volta ci si trova ad affrontare situazioni di potenziale “pericolo”.
La teoria e le norme vigenti che regolano la detenzione, il trasporto, il porto e il maneggio delle armi le conosciamo tutti, ma la gestione di potenziali ed eventuali momenti di tensione collegati ad uno scenario operativo di estremo pericolo, sono cosa ben diversa.
Soltanto un addestramento continuo e di qualità, finalizzato al conseguimento di alti livelli di sicurezza nel maneggio delle armi, può consentire al personale di polizia una irreprensibile gestione di situazioni di pericolo, per superare positivamente le tensioni e lo stress che procura l’avere in mano un arma carica e pronta a far fuoco.
Solo una perfetta conoscenza dei congegni e dei meccanismi dell’arma in dotazione e delle tecniche operative di polizia ci potrebbe consentire di utilizzare al meglio le nostre energie mentali, per fare le scelte giuste al momento giusto.
Negli ultimi vent’anni di attività sono state numerose le circostanze in cui gli operatori del CFVA sono dovuti ricorrere alle armi. Alcune delle quali eclatanti e conosciute da tutti, molte altre rimaste solo nella memoria di chi le ha vissute, ma tutte nel rispetto delle norme e senza dannose conseguenze per nessuno. Un risultato che ci piace attribuire alla fortuna, sostenuta ed aiutata, però, dalla passione, dall’entusiasmo e dalla professionalità di tutto il gruppo tiro.
Uno staff di professionisti che ha lavorato tanto per il personale del CFVA, che in questo modo ha conseguito negli anni un alto livello di professionalità e di sicurezza in servizio.
Da poco tempo è stata sostituita l’arma lunga di reparto; la vecchia e cara carabina Browning B.A.R. 270 è stata rimpiazzata, egregiamente, dalla nuova Beretta Cx4 Storm. Un’operazione finalizzata essenzialmente ad elevare gli standards di sicurezza per il personale forestale, e non solo. Auspichiamo che l’operazione “sicurezza” venga però portata a compimento per tutti, prevedendo le necessarie esercitazioni a fuoco nei poligoni di tiro. Tale attività probabilmente ha subito un rallentamento per dare spazio alle prioritarie esercitazioni a fuoco con l’arma corta, che ricordiamo essere obbligatorie per tutti gli appartenenti al Corpo. Siamo fiduciosi (notizie informali) che a breve le esercitazioni per arma lunga riprenderanno regolarmente, per poter dare l’idoneità al personale ancora non abilitato.
Aspetti che ci differenziano profondamente dagli altri dipendenti “civili” su cui il SAF ha sempre avuto un ruolo. Ci siamo battuti per i riconoscimenti economici legati alla nostra funzione (come l’ indennità di PS riconosciuta alle altre forze di polizia) ma senza mai sottovalutare l’importanza e la necessità di mettere sempre al primo posto la sicurezza e incolumità del personale. Aspetti che spesso finiscono per essere sottovalutati, ma che emergono in tutta la loro drammaticità solo quando ci si trova di fronte a gravi fatti di cronaca.