Il Corpo Forestale dello Stato “sbarca” in Sardegna, destina il proprio personale presso le Procure e dichiara di aprire nuclei “Cites” e successivamente non meglio precisati “uffici provinciali di supporto”. Il loro Comandante arriva in Sardegna cerca di incontrare le massime istituzioni locali ma si guarda bene dal cercare la benché minima collaborazione con il Corpo Forestale Regionale. La domanda che si pongono ormai in tanti è cosa può spingere i vertici di un Corpo, dalla presenza sul restante territorio nazionale per certi versi quasi irrisoria, a cercare in tutti i modi, di occupare spazi in Regioni come la nostra, molto meglio presidiate evitando chiaramente ogni forma di “contatto” con il CFVA?
Ufficialmente pare si siano accorti soltanto ora, dopo circa vent’anni, di avere competenze esclusive relative alla CITES (la legge 150 è del 1992) o che anche nelle Regioni Autonome esistono le Procure della Repubblica e le relative Sezioni di PG. Una “distrazione” dei vertici del CFS pluri-decennale però non convince nessuno e pare strano inoltre che decidano di “rimediare” proprio quando viviamo un periodo storico di particolari restrizioni in cui le amministrazioni pubbliche prima di sottrarre risorse economiche e umane a territori già carenti, dovrebbero valutare attentamente ogni rapporto fra costi e benefici.
Si potrebbe ipotizzare allora che il CFS pensi che occorra “supplire” con personale Forestale dello Stato a delle ipotetiche carenze del personale Forestale “regionale”. Anche qui le perplessità permangono tutte. Per noi in Sardegna, ad esempio, sarebbe anche troppo facile fare paragoni citando i nostri colleghi CFVA delle Sezioni di PG i cui risultati a fianco dei Procuratori sono spesso arrivati alla ribalta delle cronache nazionali (demolizioni di interi villaggi turistici, i veleni del poligono militare di Quirra contro lo Stato, i recenti fatti dello stadio del Cagliari calcio) o sul raffronto del “controllo del territorio” esercitato da oltre mille uomini solo in sardegna rispetto alle Stazioni del CFS che con giurisdizioni “sterminate” sono composte, quando va bene, da tre quattro elementi massimo (pare esistano stazioni con un solo elemento!). Se ci atteniamo solamente ad una delle più importanti competenze istituzionali dei Corpi Forestali, come le indagini di polizia giudiziaria sugli incendi, scopriamo che il CFS nell’anno 2012, su tutto il territorio nazionale, ha realizzato 288 comunicazioni di notizia di reato e 7 arresti. Il CFVA nello stesso anno (e solo in Sardegna) ha prodotto 417 comunicazioni di notizia di reato con 111 indagati e 8 arresti… con la differenza però che oltre ad ever svolto le indagini abbiamo anche coordinato e spesso spento direttamente l’incendio.
Non troviamo quindi spiegazioni logiche e credibili su questa “invasione”, che ignora completamente il nostro ruolo e che ci sembra invece piuttosto legata a “giochi di potere” e “poltrone” relative a quella che sarà la riforma dei Corpi di Polizia in Italia. Sappiamo infatti che è sempre più imminente il momento nel quale il Governo non potrà prescindere dal dover affrontare alcune importanti riforme e fra queste quelle che l’Europa ci chiede da tempo sulle forze di polizia. Sarà certamente una drastica semplificazione con la quasi certa “soppressione” del CFS che passerà alla Polizia di Stato sotto forma di “Polizia ambientale” così come già previsto dal disegno di legge “Rosato”.
Appare evidente che il CFS, composto da circa 7.000 unità dislocate nelle sole regioni a statuto ordinario, potrebbe essere facilmente “fagocitato” dalla superiorità numerica ed organizzativa delle altre forze di polizia (Polizia di Stato e Carabinieri hanno oltre cento mila unità ciascuno e sono presenti su tutto il territorio nazionale) e perdere quindi quella fetta di incarichi e di prestigio, che invece potrebbero avere se in qualche modo riescono ad affermare (nel momento in cui ci sarà il confronto con la Polizia di Stato per la nuova organizzazione) la propria presenza anche nelle regioni e provincie autonome.
Insomma una guerra di “poltrone” che non guarda in faccia nessuno e tanto meno valuta le conseguenze che quest’obiettivo potrebbe avere sul personale dei Corpi Forestali Regionali e per quello che ci riguarda più da vicino sul CFVA. Se si dovesse realizzare l’ipotesi della “polizia ambientale” svolta dal CFS anche in Sardegna, l’Amministrazione Regionale potrebbe certamente continuare a tenere un proprio corpo di polizia ma dovrebbe inventarsi un nuovo ruolo (barracelli regionali?). Questo perché lo statuto regionale (approvato con legge costituzionale) non può essere modificato nemmeno con una legge ordinaria di riforma delle forze di polizia, ma quale ruolo potrebbe avere il CFVA se non esiste più alcun Corpo Forestale e la Polizia Ambientale sarà già presente in Sardegna ma non saremo noi?
Il risultato di questa sciagurata ipotesi potrebbe essere che ci troveremo a scegliere (così come prevede il disegno di legge Rosato per il personale CFS) se restare in Regione (a fare gli uscieri) o passare alla Polizia di Stato assieme al CFS (l’art. 8 prevede la volontarietà della domanda e ma pone il vincolo del: “compatibilmente con le esigenze di carattere organizzativo della amministrazione di destinazione“). Le nostre domande di transito alla Polizia Ambientale potrebbero quindi essere indirizzate al Ministero degli Interni che dovrà decidere sull’organizzazione di questa nuova struttura con ulteriori nuove quanto preoccupanti ipotesi.
La Regione Sardegna in questi anni ha investito è creduto nel nostro ruolo portando il CFVA, con i suoi 1350 uomini, ad essere il più numeroso d’Italia (ci sono regioni a statuto ordinario con territori e patrimoni ambientali importanti almeno quanto il nostro che contano poco più di trecento forestali dello Stato). Il Ministero degli Interni e quindi la Polizia di Stato avrà per noi la stessa considerazione? Se non dovesse averla quanti di noi, volendo passare alla polizia ambientale, per 1500 euro al mese, potranno permettersi una nuova sede lontana da casa o addirittura di lasciare la Sardegna?