Quando alla fine del 1800 nacquero anche in Italia i primi movimenti sindacali nessuno avrebbe detto che questi potessero esistere anche nella pubblica amministrazione perché era paradossale pensare che l’istituzione che deve tutelare interessi, diritti, salute e sicurezza di tutti i cittadini potesse in qualche modo non riconoscerli a pieno ai propri dipendenti. Da allora sono passati molti anni, si sono succedute molte riforme della pubblica amministrazione e ci sono stati periodi di grandi privilegi (che la nostra generazione di dipendenti è destinata a non rivedere certamente più) ma l’impressione che oggi hanno i dipendenti del CFVA è quella di non far più parte di una importante istituzione pubblica ma semplicemente di una scalcinata impresa dove la gestione padronale lascia ben poco spazio a informazione e diritti sindacali.
Sono oramai sempre più numerose le richieste che restano inevase a cui la Direzione generale non da alcuna risposta e non si tratta di “capricci” di sindacalisti eccessivamente curiosi ma di diritti chiaramente sanciti da norme e contratti. Così per le recenti richieste inerenti la formazione degli istruttori di guida, sui chiarimenti necessari per capire l’acquisto evidentemente “anomalo” di automezzi antincendio, sulla mobilità del personale, su un contratto integrativo che oramai sembra inesorabilmente scritto sulla roccia e dovrà restare così per sempre.
Poco importa al comandante del Corpo se la legge 31 ed il nostro contratto collettivo di lavoro parlano chiaramente delle procedure che deve seguire il dirigente, dei diritti dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali. Si va avanti con indifferenza anche quando si è costretti a chiudere le sessioni di tiro per un poligono capriccioso che risponde al fuoco, quando il questore di Nuoro ci da in “affidamento” ai poliziotti, o quando il CFS si sovrappone in Sardegna al nostro lavoro. Questioni che per qualcuno sono semplicemente legate al “fato” ma che invece evidenziano la totale mancanza di guida della nostra struttura.
Funziona invece benissimo l’ufficio “ritorsioni e ripicche” nel quale senza esitazione alcuna si prendono provvedimenti disciplinari anche nei confronti di chi partecipa in divisa al funerale di un collega o qualche volta istruendo veri e propri processi sommari basandosi semplicemente sul “sentito dire”. Una gestione che complessivamente si avvicina più allo stile “padroncino di camion” che al modello istituzionale stabilito da norme e contratti per i quali (anche per il ruolo che ci viene affidato) dovremo ispirare ogni nostra azione.
Una grave carenza gestionale che si scontra con un delicatissimo momento storico nel quale possibili riforme (anche dettate dalla necessità di operare profondi tagli per affrontare la grave crisi) potrebbero lasciare morti e feriti sul campo. Non avere un ruolo istituzionale chiaro, non pretendere da chiunque il rispetto delle nostre competenze, non gestire nella massima trasparenza e osservanza delle regole coinvolgendo il personale anche attraverso il loro rappresentanti sindacali, significa perdere forza, peso istituzionale e quel poco di prestigio che ancora ci resta.