Progressioni professionali: una lettera per riflettere…

Al sig, direttore del CFVA dott. Gavino Diana

Al direttore dello SIR di sassari

Al sindacato  SAF

A tutti i dipendenti

Scrivo questa lettera per quanto concerne le ultime progressioni, in considerazione del grave fatto, ovvero, che una miriade di colleghi, compreso il sottoscritto, sono rimasti fuori dal vedersi riconosciuto un sacrosanto diritto, quello perlomeno alla dignità. Oramai la questione è stata analizzata a fondo e si può tranquillamente affermare che tutti sapevano, sindacati per primi (anche perché alcuni di loro hanno  fatto delle proiezioni e stime a freddo) che questa sorta di incivile, insulso e mentecatto metodo, che non ha riscontro in nessuna amministrazione degna di questo nome, si sarebbe lasciato dietro morti e feriti. Chi vi scrive ha solo timore dell’onnipotente, e non siete voi, perché a questa amministrazione ha dato tutto quello che potevo e anche molto di più, ma lo stesso non si può dire del contrario dove, personalmente, mi sento preso in giro non una ma ben due volte. La prima all’atto del passaggio a Ispettore, ho rispettato le vostre regole, così ho dovuto lasciare la mia sede di servizio, ho cambiato città, casa ecc. con la speranza, in primis, di una gratifica personale oltre che economica, eppure l’amministrazione mi ha degradato nella dignità facendo si che abbia un livello economico (B1) con un tabellare da 1888,00 Euro, contro il mio vecchio tabellare di A4 di 1946,00. Sembrerebbe una barzelletta, di quelle cose che pensi si verifichino in qualche paese ancora sottosviluppato, ma dopo ricerche approfondite ho scoperto, meno male e con sincera soddisfazione, che da nessuna parte al mondo, e dico mondo, se non in qua in Italia e nella fattispecie in Sardegna, accada che, un dipendente a parità di anzianità con i suoi colleghi, avanzi di grado, aumentino le sue responsabilità, e tutto ciò che ne concerne, e si veda regredito nel compenso, roba da “scherzi a parte”. Questa situazione, in un concetto banale di diritto amministrativo, poteva durare solo l’attimo necessario per rendersene conto invece, alla faccia di tutta la giurisprudenza che vieta per i dipendenti il peggioramento degli emolumenti, salvo gravi casi di natura disciplinare, sono passati più di due anni con un grande e beato disinteresse generale, e mi dispiace dirlo anche, e in parte, soprattutto vostro. Nessun comandante, o chiunque abbia responsabilità di comando che si rispetti pretenderebbe rispetto, onore, obbedienza, fedeltà, spirito di corpo, eccellenza professionale, spirito di sacrifico e quant’altro, senza che prima essi stessi lo concedano per primo, o almeno alla pari. Emilio Lussu, mi perdonerà l’illustre conterraneo se lo nomino, quando usciva all’attacco dalle trincee era idolatrato perché andava davanti a tutti e non dietro di loro a farsi scudo come la maggior parte degli ufficiali; tant’è che i suoi soldati, a turno, lo proteggevano a costo della loro vita, perché sapevano che se solo uno di loro fosse rientrato a casa a fine guerra lo avrebbe dovuto a lui, ma se lui moriva tutti sarebbero morti dalla follia degli allora comandanti mandavano tutti al macello. Riconoscevano in lui, aldilà di ogni dubbio, colui che li avrebbe salvati da quella carneficina. Tanto rispetto lo acquisì semplicemente perché per Lussu, il concetto fondamentale, per mantenere saldo il corpo, e quindi intatta la forza e ottenere il massimo rispetto, e da qui l’urlo dei sardi veri: “forza paris”, era semplicemente quello di tutelare tutti fino all’ultimo soldato per primo nella sua dignità. Concetto quasi banale ma di cui solo pochi, purtroppo a quel che si assiste sono capaci di porlo in essere. Ora, parafrasando, quale forza può avere, e quale dignità pretendere se voi, intesi come amministrazione e sindacati, siete i primi a calpestarla. Nei fatti, avete permesso, anche voi, con il vostro silenzio, che molti dei vostri uomini rimanessero indietro, ultimi. Pretendete che loro vi/ci salvino durante l’estate mentre voi li lasciate affogare d’inverno. Mi piacerebbe se accadesse a tutti quanti, nessuno escluso, di provare sulla propria pelle quello che è stato permesso in questi giorni. E’ come pensare che il dott. Diana guadagni meno del suo segretario, o che dott. Mavuli guadagni meno del suo vice responsabile, o che un magistrato guadagni meno di un ufficiale di P.G. o il capo mastro meno del suo manovale, sembrerebbe impossibile, eppure tutto questo accade davanti ai vostri occhi ma per un motivo o l’altro, stando in silenzio, inermi ad assistere allo svilimento delle persone, prima che del dipendente, avete fatto si che accadesse l’impossibile. Provate a rifletterci un attimo e capirete quel che intendo, anche se so per esperienza che chi ha la pancia piena difficilmente capirà l’affamato se non dandogli un tozzo di pane.

Per finire le vere e proprie progressioni, quindi, secondo voi (e per cortesia non dite che voi non c’entrate nulla) se io non sono all’altezza di progredire nel lavoro, come mai faccio il mio lavoro da 22 anni senza che l’amministrazione mi abbia mai insegnato un centesimo di quello che io sì, con serietà e spirito di abnegazione totale, anche a rischio della propria vita, metto a sua completa disposizione. L’amm.ne da 22 anni si avvale di me a tutto tondo, a 360 gradi, avvalendosi dei miei studi che con fervore ho messo a sua disposizione, e per che cosa mi chiedo? Non desideravo null’altro che lavorare alla pari di tutti, almeno nella possibilità di stare con la stessa dignità. Concetti di cui quasi mi vergogno di enunciare tanto appaiono certi, scontati, condivisi, ma allora, perché si è arrivati fino a questo punto? Mi scuserete, nulla di personale, non ci sarebbe neanche bisogno di scriverlo, ma voi siete i miei referenti, proprio così come lo siamo noi, quando nel lavoro ci carichiamo sulle spalle tutte le decisioni che la legge ci impone per il bene comune diventando con responsabilità i referenti del loro malessere sociale. Anche voi, spero raccogliate questo sfogo come per un segno di riflessione, perché come il sottoscritto ne avete creato una miriade tanto da lastricare, come ai vecchi tempi delle sperequazioni, la strada con dei vecchi e nuovi forestali sardi. Vi chiedo umilmente una cortesia, di non fare come ogni anno gli auguri di natale o quant’altro, sarebbe una presa in giro, e ve lo dico da credente, se proprio lo dovete fare per dovere istituzionale, sappiate con anticipo che personalmente io non li accetto in quanto li troverei alquanto fastidiosi per non dire altro. Mentre a titolo personale, ovvero, da semplice cittadino, esule dal contesto del lavoro di forestale, sarò lieto di accettarli e ricambiarli magari al mio indirizzo personale stante in via Satta, 100 Alghero. Pertanto, anch’io, non come forestale ma, semplicemente da cittadino con piena dignità, sperando di non incorrere nella superbia, vi faccio gli auguri personali a voi e alle vostre famiglie di buone feste.

Alghero, 21.12.2014

Cordialmente, il non progredito,

Bernardo Brau