Pausa caffè: una consuetudine non prevista da nessuna norma. Da recuperare (anche per una pattuglia in servizio esterno) rispetto all’orario di servizio?

In una recente riunione con il Direttore Generale del personale della Regione si è discusso della necessità di regolamentare la cosiddetta “pausa caffè” che pur essendo una consuetudine diffusa in tutte le categorie di lavoratori,  non è supportata, per quanto riguarda il pubblico impiego, da norme generali che la regolamentano.

Il dott Manca ha subito chiarito che l’esigenza di regole chiare nasce dal fatto che spesso l’Amministrazione, o addirittura gli organi di Polizia, ricevono segnalazioni o vere e proprie denunce su presunti abusi da parte di dipendenti della Regione che lascerebbero il proprio posto di lavoro per recarsi negli orari più disparati a “prendere il caffè”. Problema dovuto, è stato subito precisato, anche al fatto che è sempre più cospicua la presenza di lavoratori cosiddetti “a progetto” sui quali la Regione non può e non deve imporre orari, regole o controlli  proprio per la specifica tipologia del loro rapporto di lavoro. Fenomeno non di poco conto se si pensa che ad esempio nell’Assessorato al Lavoro questi sarebbero in numero superiore ai dipendenti della Regione.

La mancanza di regole generali impone poi, anche a tutela dei dipendenti, di chiarire con una apposita circolare l’uscita dagli uffici e comunque in generale le “pause” dal servizio per accedere (senza il rischio incorrere in alcuna infrazione) nei locali pubblici. L’unica disposizione consentita dalle vigenti norme, secondo il Direttore Generale del Personale però è quella di recuperare i 15 minuti della pausa caffè che non possono in nessun caso essere “abbuonati” e conteggiati come orario di servizio.

Ma se la normativa vigente è questa possiamo fermarci durante un servizio in pattuglia o addirittura dopo un incendio a prendere semplicemente acqua fresca o un panino? Certamente si ma se lo facciamo sarà opportuno (a meno che non si faccia l’orario a scavalco dove sono espressamente previsti  dal contratto 15 minuti di pausa) segnalare e recuperare l’orario negli appositi modelli. Di fronte ad una denuncia (magari filmata e con testimoni) fatta semplicemente da chi non vede di buon occhio la nostra presenza sul territorio ed il nostro lavoro, una pausa prolungata e poi non “scorporata” dall’orario di servizio potrebbe essere causa di pesanti sanzioni.

Riportiamo in allegato la sentenza di condanna di un Maresciallo dei Carabinieri “colpevole” di essersi fermato a parlare durante l’orario ed il tragitto di servizio per un tempo di circa 15 minuti con la ex moglie. Pausa che chiunque di noi riterrebbe compatibile e facilmente giustificabile per chi svolge un lavoro di pattuglia simile al nostro ma che se sottoposta ad un tribunale attraverso una precisa denuncia può provocare, come in questo caso,  gravi sanzioni penali.

Aspetti che non devono essere sottovalutati nemmeno dall’Amministrazione (abbiamo ribadito durante la riunione) la quale ha il dovere di indicare chiaramente le modalità di pausa anche per il personale del CFVA. Questo per fornire al personale le dovute tutele e garanzie rispetto a questioni che, seppur ininfluenti per il buon andamento della Amministrazione, possono creare, in caso di vere e proprie denunce o semplici segnalazioni, anche grossi problemi al personale in servizio.

Bozza della Circolare sulla pausa caffè Assessorato del Personale

Sentenza di condanna della Corte di Cassazione a Maresciallo dei Carabinieri che per 15 minuti “interrompe” il proprio servizio