Quando la maggior parte di noi è entrata in servizio, negli anni 90, il Corpo Forestale della Regione aveva ancora fra le sue competenze la gestione dei cantieri forestali ed i vivai che producevano milioni di piante di odiosi eucaliptus. Le nostre auto erano targate Cagliari e la “paletta” era per noi unicamente uno strumento usato dai bambini per giocare in spiaggia. Anche dal punto di vista contrattuale i turni di lavoro venivano applicati sulla base delle regole disposte dal “coordinatore del servizio” spesso ulteriormente condizionate dal “buon senso” del comandante di stazione. Per chi si sentiva discriminato poi, il contratto pubblicistico allora in vigore, prevedeva che le disposizioni fossero contestate non dal giudice del lavoro ma attraverso il ricorso al TAR con interminabili tempi di attesa e l’ esborso di cifre che quasi sempre non ci potevamo permettere.
Da allora molte cose sono cambiate. Persi cantieri e vivai, abbiamo attivato le sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure, formato nostri istruttori di tiro e (più di recente) quelli di tecniche operative, che hanno elevato gli standard di sicurezza nell’utilizzo delle armi e nella gestione delle situazioni di pericolo contribuendo a tutelare l’ incolumità nostra e di chi ci lavora vicino. Oltre a garantire un capillare controllo del territorio, il CFVA si è dotato di nuclei specializzati nell’attività di polizia giudiziaria che hanno consentito, oltre lo spegnimento, di dare risposte concrete alla lotta agli incendi. Siamo in Sardegna un riferimento per la Convenzione di Washington (CITES) e per quanto riguarda le competenze più recenti, ci sono già state assegnate, anche da parte delle Procure, importanti indagini sull’agro alimentare. Un percorso che nonostante lo storico e insuperabile dilemma del Forestale “siamo tecnici o poliziotti?” sembrava finora volerci portare dritti verso quella che molto probabilmente sarà il futuro della tutela ambientale in Italia, ovvero la “Polizia Ambientale”.
Un ruolo che, sulla base dei risultati raggiunti, la professionalità, l’organizzazione stessa e la capillare presenza del CFVA nessuno potrebbe pensare di mettere in discussione e tanto meno, verrebbe da pensare, potrebbero farlo i nostri “cugini” forestali di oltre Tirreno che, con dotazioni organiche quasi irrilevanti rispetto al territorio, dovrebbero avere ben altro a cui pensare: in Sardegna su 1350 forestali circa mille sono in servizio presso le ottanta stazioni forestali rispetto ai circa 4.000 del CFS preposti al restante “presidio” di tutto il territorio Italiano. La “calata” di questi giorni del Comandante del CFS Cesare Patrone accompagnato da un “codazzo” di forestali dello Stato che ha accuratamente “snobbato” la nostra Direzione Generale, anche se accolti dalle istituzioni locali con molta “formalità” (per non dire freddezza) denota invece che il nostro ruolo non è scontato e che tutto quello che abbiamo costruito in questi anni lo dobbiamo ancora difendere.
La nostra crescita professionale infatti, non è stata indolore ne priva di sacrifici. Tanti colleghi hanno pagato il prezzo del loro impegno con attentati, minacce, intimidazioni. Altri, solo per accettare un incarico da ispettore o da ufficiale, che non ha portato alcun miglioramento economico, hanno affrontato spostamenti e i disagi di sedi lontane per anni. Spesso la strada da seguire per migliorare il nostro lavoro, rivalutare l’efficienza e l’immagine della nostra Amministrazione ha comportato accese discussioni fra colleghi, feroci scontri sindacali o pesanti contestazioni verso la nostra Dirigenza che hanno contribuito ad alimentare gastriti e ulcere di “Forestali dirigenti” e “Forestali sindacalisti”.
Il CFS cerca, in modo del tutto evidente, di ritagliarsi un ruolo nazionale nella tutela dell’ambiente candidandosi ad essere l’unico riferimento per la nuova “polizia ambientale”. Se questa sciagurata ipotesi dovesse realizzarsi quale ruolo avrebbe il CFVA? Sparito il riferimento nazionale del Corpo Forestale quali gradi, quali divise e quali competenze resterebbero in capo alla nostra Amministrazione? Gli scenari ognuno li può immaginare a modo proprio ma in tutti i casi vorrebbe dire buttare via tutto quello che abbiamo costruito finora. E questa è un ipotesi che tutti i colleghi, i sindacati, i nostri dirigenti, la classe politica, i cittadini onesti e chiunque abbia a cuore la tutela dell’ambiente, ha il dovere di respingere con tutte le proprie forze.