“Il personale CFVA non ha le qualifiche di PG!”: Una singolare eccezione sollevata da alcuni avvocati (nel tentativo di invalidare gli atti del sequestro di una importante lottizzazione abusiva) smentita clamorosamente dal Tribunale di Cagliari

IL TRIBUNALE

sull’eccezione proposta dai difensori di Pierluigi e Maria Eva Monni, cui si sono associate le difese degli altri imputati, di nullità/inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine:

A)    perché compiuti dal personale del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna, privo della qualifica di Ufficiale di P.G.;

B)      per essere stata detta attività svolta anche prima di procedere ad iscrizione nel registro delle notizie di reato e per essere quindi l’iscrizione illegittima e conseguentemente inutilizzabile anche l’attività successiva;

sentito il P.M. che ne ha chiesto il rigetto;

OSSERVA

L’eccezione di cui alla lettera A) è infondata e non può, pertanto, essere accolta.

Si premette che la problematica in questione è stata più volte affrontata dalla Suprema Corte che, con la sentenza n. 4491 del 19 giugno 2000, esaminando la legittimità di un sequestro eseguito da un maresciallo maggiore del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Sardegna, aveva precisato che lo stesso rivestiva la qualifica di ufficiale di Polizia Giudiziaria: e ciò in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 57 comma 1, lett. b) cod. proc. pen., che annovera tra gli ufficiali di P.G. i sottufficiali ai quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità, e 13 del D.L.vo 12 marzo 1948, n. 804, operante anche successivamente all’istituzione della regione a statuto speciale e al conseguente trasferimento a quest’ultima di alcune funzioni amministrative dello Stato.

In definitiva, sottolineava la Corte, che sebbene l’art. 57, comma 2 lettera b) cod. proc. pen. riconosca a tutte le guardie forestali la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, detta norma non consente una indiscriminata attribuzione di tale qualifica a tutti gli addetti ai servizi forestali, in quanto alcuni di essi, in virtù del grado ricoperto, sono, invece, ufficiali di polizia giudiziaria.

Si precisa che, sebbene il predetto D.L.vo n. 804/1948 sia stato nella quasi totalità formalmente abrogato dall’art. 5 della legge 6 febbraio 2004, n. 36, che ha introdotto il nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato, le nuove disposizioni si pongono in continuità normativa rispetto alla disciplina previgente, in quanto l’art. 1, comma 2, della legge 36/2004 si limita a confermare l’attribuzione delle funzioni di polizia giudiziaria.

Si osserva ancora che, in ogni caso, tale previsione deve ritenersi riferibile ai Corpi Forestali presenti nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome (dove il Corpo Forestale dello Stato non opera direttamente), anche in forza della clausola di salvaguardia contenuta nel comma 10 dell’art. 4 della stessa legge, che non avrebbe ragion d’essere ove, andando di contrario avviso, si ritenesse ad essi non applicabile la disciplina dettata dalla legge in questione.

Una tale interpretazione ha trovato recentemente ulteriore e piena conferma nella sentenza n. 21660, pronunciata il 29 aprile 2010 dalla III Sez. della Corte di Cassazione in riferimento agli agenti del Corpo Forestale di un’altra regione a statuto speciale (il Friuli Venezia Giulia).

Si evidenzia come ogni diversa opzione interpretativa appaia irragionevole, in quanto condurrebbe a privare vaste parti del territorio statale di essenziali presidi di polizia giudiziaria.

Ancora, deve ritenersi che il quadro normativo sopra descritto non sia stato in alcun modo mutato dal disposto dell’art. 4, comma 8, L. 3 febbraio 2011, n. 4, che, al contrario, ha espressamente confermato che nelle regioni a statuto speciale il personale appartenente al Corpo Forestale Regionale fa parte delle sezioni di polizia giudiziaria.

Da ultimo si è pronunciata nuovamente sull’argomento la Corte di cassazione, sez. III, con sentenza n. 3220 del 21 dicembre 2011 (dep. il 26 gennaio 2012) che, con argomentazioni del tutto condivisibili, dopo aver richiamato le proprie precedenti pronunce, ha ribadito, con specifico riferimento ai sottufficiali del Corpo Forestale regionale della Sardegna, il possesso della qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, essendo le funzioni loro attribuite del tutto omologhe a quelle del Corpo forestale dello Stato.

In particolare, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha ribadito l’assoluta continuità normativa della legge 36/2004 rispetto al D.L.vo 804/48 mantenendo inalterata l’attribuzione al Corpo forestale delle funzioni di polizia giudiziaria che era oggetto della disciplina solo formalmente abrogata.

La Corte ha, altresì, sottolineato l’evidente parallelismo tra le funzioni del Corpo regionale e quelle del Corpo statale come previste dai rispettivi ordinamenti (indicandole a titolo esemplificativo).

Inoltre, la Corte ha ritenuto tale interpretazione pienamente compatibile con le previsione dell’art. 117, 2° comma, lett. l), Costituzione nella attuale formulazione (secondo cui le regioni, non avendo competenza in tema di giurisdizione, norme processuali e sostanziali civili e penali, non possono attribuire a loro funzionari la qualifica di ufficiali di P.G.) in quanto la fonte di tale attribuzione e della relativa funzione è da individuarsi non nella legge regionale ma in quelle statali già indicate, essendo comunque pacifico che lo Stato, ai sensi del successivo art. 118 Cost., possa attribuire, nelle materie di cui all’art. 117, 2° comma, competenze ad organi o amministrazioni regionali.

Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha osservato che anche a seguito dell’entrata in vigore della legge 3 febbraio 2011, n. 4, nelle regioni a statuto speciale gli appartenenti ai rispettivi Corpi forestali hanno conservato la qualifica di ufficiali di P.G.; la legge in questione, infatti, non ha in alcun modo innovato la disciplina di portata generale di cui alla legge 36/2004, limitandosi ad attribuire nuove competenze nel settore della etichettatura e della qualità dei prodotti alimentari, del tutto diverse da quelle formanti oggetto del nucleo fondamentale della polizia ambientale e della tutela della flora e della fauna.

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Quanto all’eccezione di cui alla lettera B), si osserva che rientra nelle competenze del P.M. e delle P.G., ai sensi dell’art. 330 cod. proc. pen., provvedere, anche di propria iniziativa, ad acquisire la notizia di reato oltre che a ricevere quelle provenienti da terzi.

Ciò premesso, nel caso di specie il P.M., a seguito della ricezione, peraltro per conoscenza, di un esposto inviato a numerose autorità pubbliche, dopo averne disposto l’iscrizione al registro mod. 45 (fatti non costituenti notizia di reato) ha delegato la P.G. a svolgere genericamente accertamenti in merito.

Si tratta all’evidenza di un’attività di mera verifica preliminare e funzionale all’eventuale acquisizione della notizia di reato che peraltro sia lo stesso P.M. che la P.G. avrebbero potuto compiere direttamente ed autonomamente; ciò a prescindere dalle improprie espressioni utilizzate nella nota 12 ottobre 2007.

D’altra parte la stessa Corte di cassazione ha più volte ribadito come sia pienamente legittima l’attività svolta di iniziativa dal P.M. o dalla P.G. al fine di acquisire dati conoscitivi diretti a verificare l’esistenza o meno della notitia criminis addirittura in riferimento a quanto rappresentato in un esposto anonimo (Cass., sez. VI, 21 settembre 2006, n. 36003 e numerose altre conformi).

Non essendo stati, in ogni caso, compiuti in questa fase atti tipici di indagine quali perquisizioni o sequestri, non vi sarebbe, comunque, alcun motivo per ritenere che il P.M. abbia indebitamente ritardato l’iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato.

Quand’anche, per mera ipotesi, si fosse verificato un indebito ritardo nell’iscrizione, come sostenuto dalla difesa, da ciò non deriverebbe, comunque, alcuna inutilizzabilità degli atti come più volte sostenuto dalla Corte di cassazione anche a Sezioni unite (cfr. sentenza n. 40538 del 24 settembre 2009).

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 335 cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Costituzione è già stata esaminata e dichiarata manifestamente infondata dalla Corte di cassazione con motivazione che questo collegio condivide integralmente.

In ogni caso, la situazione in fatto, per quanto in precedenza esposto, è del tutto differente da quella prospettata dalla difesa e non essendosi verificato alcun anomalo ritardo nell’iscrizione nel registro delle notizie di reato, la questione di legittimità costituzionale formulata anche con riferimento all’art. 112 Cost. in collegamento con gli artt. 6, 8 e 13 della CEDU e con le direttive comunitarie 2012/13/UE deve ritenersi manifestamente infondata oltreché non rilevante ai fini della decisione.

Per questi motivi

rigetta le eccezioni proposte e dispone procedersi oltre nel dibattimento; rinvia all’udienza del

Cagliari, 22 febbraio 2013

                                                             Il Presidente

                                                 (Mauro Grandesso Silvestri)