In questi giorni si torna a parlare di riforma delle pensioni per il personale del comparto sicurezza e difesa ed il nuovo ministro del lavoro e politiche sociali Giovannini dovrà portare a termine, quello che aveva iniziato con le grandi polemiche che tutti conosciamo, l’ex ministro Fornero. Si tratta infatti di una riforma “a perdere” per la quale i rappresentanti dei lavoratori (Organizzazioni sindacali e Cocer) mirano nella migliore delle ipotesi a lasciare le cose come sono.
Sono certamente molto lontani i tempi in cui il personale “in divisa”, con il vecchio sistema retributivo, aveva come unico pensiero quello di “congedarsi” quanto prima possibile in quanto il calcolo dell’importo della pensione veniva fatto sulla base delle ultime retribuzioni (elemento che consentiva importi di tutto rispetto). Per le nuove generazioni, soggette al sistema contributivo invece, oggi subentra il problema, forse anche più grave, di avere una pensione il cui valore consenta al personale una “vecchiaia dignitosa”. Le proiezioni parlano infatti di pensioni di poco superiori alla metà dell’attuale stipendio, con importi che visto l’andamento generale, come si dice, non fanno presagire nulla di buono. Nonostante questo, e la necessità comunque del pagamento del “riscatto” degli anni di scivolo, l’attuale sistema mantiene comunque il vantaggio di consentire al personale la possibilità di accedere alla pensione qualche anno prima rispetto ai “comuni lavoratori”.
Una prerogativa che non è certamente una indulgente concessione al personale in divisa ma una scelta precisa legata al fatto che le amministrazioni preposte a garantire sicurezza e soccorso alle popolazioni non possono schierare “pattuglie” composte principalmente da ultrasessantenni. Nel nostro caso specifico non tenere conto delle peculiarità del lavoro che facciamo significherebbe arrivare al punto in cui il personale in divisa ormai vicino ai “settanta” nelle terribili giornate di caldo e incendi o nelle altre possibili emergenze rischierebbe di dover essere soccorso dalle stesse persone che invece dovrebbe tutelare.
Finora il personale dei Corpi Forestali di Regioni e Province autonome, nonostante svolga lo stesso lavoro del personale del Corpo Forestale dello Stato, non ha potuto usufruire di questo sistema previdenziale. Il Corpafor su questo aspetto ha espresso la precisa volontà di un azione congiunta per sensibilizzare la “politica” ed in particolare le istituzioni ed il Governo Nazionale della necessità di una integrazione alla norma.
Lettera Corpafor a Letta e Giovannini