Pensioni: il Governo adegua i parametri alle aspettative di vita, ma per la nostra generazione incombe una “cambiale” ancora da pagare

bambyIl Governo, con un decreto del Ministero dell’Economia e Finanze del 16 dicembre scorso, adegua l’età pensionabile alle aspettative di vita, cresciute, secondo parametri Istat, di 4 mesi.  Certamente una buona notizia sapere che possiamo sperare di vivere un po’ più a lungo, ma che accentua la preoccupazione di raggiungere primo o poi il traguardo di una pensione che tenga conto del lavoro che facciamo e che abbia inoltre un valore sufficiente a farci vivere con un minimo di tranquillità.  Gli ultimi nostri colleghi che di recente sono andati in “quiescenza” con il vecchio sistema (retributivo) hanno ricevuto dall’Inps un assegno mensile superiore ai 2000 euro. Una cifra di tutto rispetto per la quale metterebbero subito la firma non solo il 100% degli appartenenti al CFVA in “odore di pensione” ma anche molti milioni di lavoratori Italiani.

Cifre nemmeno ipotizzabili per coloro che, pur facendo lo stesso identico lavoro, nel 1995 (riforma Dini) non avevano maturato i famosi 18 anni di servizio e per i quali il calcolo dell’assegno di pensione sarà fatto totalmente con il sistema contributivo. Se ne parla da anni ma nessuno ha ancora “toccato con mano” in quanto i primi a maturare i requisiti di un “contributivo puro” sono proprio coloro che, come molti di noi, sono entrati in servizio nei primi anni novanta. Le proiezioni parlano di pensioni che saranno meno della metà rispetto ai dipendenti che hanno avuto il calcolo con il vecchio sistema retributivo.

Nelle forze di polizia paradossalmente il tanto agognato scivolo potrà addirittura essere un boomerang. La fortuna di dover lasciare il servizio a soli 62 anni potrebbe scontrarsi con la difficile impresa di adeguare, il già modesto tenore di vita ad una pensione che vale soltanto la metà dello stipendio.  In molti casi circa 800 euro potrebbero non essere sufficienti per mantenere se stessi e la propria famiglia con il paradosso che i lavoratori si troveranno a dover chiedere di poter restare in servizio. Insomma potremo aspettarci che dopo i “falsi invalidi” che negli anno d’oro cercavano di imbrogliare per andare in pensione prima, ci troveremo di fronte ai “falsi validi” con colleghi che si fingeranno ancora giovani con tanto di tintura per i capelli e panciera nel tentativo di andare in pensione il più tardi possibile!

Viene da chiedersi però come è possibile che lo Stato, fra chi fa lo stesso lavoro, abbia deciso per una differenza di calcolo così evidente? Negli anni in cui si è riformato tutto il sistema andavano di moda i baby pensionati e le pensioni d’oro erano quasi una regola ma si è preferito non toccare i privilegi ed approvare invece una cambiale che sarebbe stata pagata da chi in quel momento entrava nel mondo del lavoro. Fra qualche anno toccherà a noi pagarne il conto. Insomma si sa noi italiani siamo orgogliosamente un popolo di furbi, ma talmente furbi e scaltri che finiamo miseramente con lasciare il conto delle nostre furberie da pagare ai nostri figli.