Che l’Italia vada curata è oramai un dato di fatto, che la malattia sia molto grave e che la medicina ha pesanti e dolorosi effetti collaterali è noto a tutti, ma l’impressione che abbiamo e che anche stavolta la parola equità sociale (termine molto usato in questo periodo) resti un intento teorico che trova soltanto qualche insignificante riscontro nei fatti.
Nella “manovra” Monti non ci sono provvedimenti specifici che ci riguardano direttamente se non confermare integralmente i vincoli posti dal precedente Governo in materia di blocco dei contratti e limite della spesa. Ci saremo aspettati, sentendo parlare così diffusamente di “equità sociale”, che qualcuno avesse tenuto conto della perdita del potere d’acquisto dei nostri stipendi e del fatto che i dipendenti pubblici hanno pagato di tasca la precedente manovra, prima di attivare una serie di tasse che comunque colpiscono nuovamente anche noi.
L’introduzione dell’ICI anche per la prima casa e l’aumento delle accise sul carburante sono “tasse” che tutti dovremo pagare, anche coloro che hanno contribuito in modo determinante al risanamento del bilancio dello Stato nelle precedenti manovre. Non solo, ma alcune di esse finiscono per avere ripercussioni negative sull’inflazione (ormai vicina al 3%) aumentando ulteriormente il divario (dovuto all’effetto del blocco dei contratti) fra quanto percepito ed il reale potere d’acquisto dei nostri stipendi.
Come al solito ci si dimentica in fretta dei sacrifici fatti da alcuni per poi rimettere tutti nella stessa griglia di partenza, salvo poi scoprire che per altri, (vedi parlamentari o consiglieri regionali) i sacrifici iniziano sempre nelle “prossima legislatura”. Ecco perché anche questa “cura” nonostante sia probabilmente “necessaria per il bene di tutti” per quello che riguarda la nostra categoria non è ne giusta ne equa.
Che dire poi del sistema pensionistico che innalza a dismisura l’età pensionabile di tutte le categorie di lavoratori compreso la nostra. Le nostre pattuglie che dovranno soccorrere e portare aiuto nelle emergenze sia antincendio che di altra natura, fra qualche anno, saranno composte da quasi settantenni che rischiano a loro volta di essere soccorsi. Certo sappiamo bene che paghiamo oggi i privilegi delle mega pensioni del vecchio sistema retributivo, dove, come è successo per il nostro FITQ versavi 100 e ritiravi 300, o peggio ancora quelle concesse nei primi anni ottanta ai cosiddetti “baby pensionati”. Ma una riforma equa non può prescindere dalle differenze insite nel tipo di lavoro che uno svolge e anche dalle condizioni fisiche (e quindi dall’età) necessarie per fare alcuni lavori.
Insomma per quello che ci riguarda possiamo dire che cambiano i suonatori ma non la musica. Non solo abbiamo ereditato debiti e buchi da ripianare dalle vecchie generazioni di pubblici dipendenti, ma scontiamo ancora il pregiudizio di chi ancora pensa che godiamo di una situazione di privilegio tale da giustificare sempre nuovi ed ulteriori tagli. Vantaggi forse di un tempo, ma per la stragrande maggioranza di noi, “storie” o forse solo “leggende”, di cui abbiamo (vagamente) sentito parlare.