Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di razionalizzazione delle forze di polizia in Italia e della necessità di eliminare doppioni e sovrapposizioni che spesso nascono, non da precise necessità operative di tutela della sicurezza del cittadino e la persecuzione dei reati, ma semplicemente per garantire incarichi, “prestigio” e relative retribuzioni, che seppur con il limite imposto solo di recente dal Governo (massimo 240 mila euro) restano comunque un forte motivo di interesse sopratutto se paragonati agli stipendi riservati alla restante “truppa”.
Da sempre e sotto gli occhi di tutti, la sovrapposizione di Carabinieri e Polizia che spesso si trovano ad operare con proprie pattuglie sullo stesso territorio senza alcun coordinamento o addirittura senza conoscere l’uno la presenza dell’altro. Un evidente contraddizione che finora nessun governo ha voluto affrontare per un motivo altrettanto evidente legato principalmente alla grande credibilità istituzionale e la forza anche politica della “Benemerita”. Una situazione di anomalia rispetto alle altre nazioni europee che ha portato l’Unione ad aprire una procedura di infrazione che potrebbe sfociare in una sanzione di circa 5 milioni di euro per ogni mese di inadempienza.
Diverso discorso per il Corpo Forestale dello Stato, quasi ininfluente sia politicamente sia presso l’opinione pubblica. Questo sia a causa dei numeri risicati (meno di 7.000 uomini in divisa in tutta Italia rispetto agli oltre 100 mila carabinieri e 90 mila poliziotti) sia per il fatto che nel tempo il CFS, anche a causa dei progressivi tagli, si è via via allontanato dai suoi “vecchi” compiti istituzionali come il vincolo idrogeologico, la tutela dei boschi o il servizio antincendio. Il proprio personale impegnato in innumerevoli nuclei ed attività diverse (vedasi anche apertura di sedi in Sardegna ed in altre regioni a statuto speciale) ha finito per per sguarnire quasi completamente il proprio territorio con il risultato di ritrovare oggi stazioni forestali con giurisdizioni enormi e pochissime unità di personale in servizio. Una gestione complessiva che ha avvicinato sempre di più l’attività del CFS, una volta altamente specialistica, a quella svolta da semplici nuclei specializzati delle altre forze di polizia “generiche” rischiando quindi una pericolosa sovrapposizione principalmente con i carabinieri del Noe ma anche con poliziotti e guardia di finanza.
Il CFVA sotto questo aspetto, negli ultimi vent’anni, non solo ha mantenuto la propria specificità ma ha saputo legarla al proprio territorio assumendo un ruolo di riferimento per le popolazioni, per la classe politica e per la magistratura. Operando e presidiando territori quasi sconosciuti per le altre forze di polizia, mantenendo un ruolo insostituibile nella campagna antincendio, e nei fatti, diventando, per la tutela dell’ambiente, l’indiscusso “braccio operativo” della magistratura in Sardegna. Risultati dovuti, non certamente alle maggiori capacità dei singoli forestali sardi impegnati sul territorio rispetto ai colleghi del CFS, ma semplicemente ad una Regione che per la tutela del proprio territorio e dei propri cittadini ha fatto investimenti diversi rispetto allo Stato mettendo a disposizione le risorse necessarie per uomini, mezzi, strutture e tutto quello che oggi è il CFVA.
Un ruolo, quello della tutela dell’ambiente, che non può essere assimilato quindi, così come lo Stato vorrebbe fare con il DDL 1577 per il CFS, ad un semplice nucleo specializzato della PS o come quello già esistente del Noe dei Carabinieri. La tutela ambientale e le relative risposte alle esigenze dei cittadini, in termini di organizzazione, uomini e mezzi da destinare (ed i relativi impegni economici) devono essere modulati in maniera anche profondamente diversa se si parla delle montagne del Trentino Alto Adige, del territorio della Sardegna e le sue coste, o invece della pianura padana.
Per questo motivo noi crediamo che il modello finora adottato da regioni e provincie autonome consenta una corretta utilizzazione delle risorse e delle energie rispetto ad una “ricetta” generica preparata a Roma e valida per tutto il territorio nazionale. Un modello, quello della polizia regionale, (che altri stati, come ad esempio la Germania, utilizzano anche per la polizia “generica”) che può essere certamente affinato e migliorato, anche con una coordinamento nazionale e norme dello Stato che riconoscano il ruolo dei singoli operatori, ma che a nostro parere resta l’unica strada per garantire un alto livello di servizi ed evitare sprechi e sovrapposizioni che oramai non sono più tollerati da nessuno.