Con questo accordo, dopo i lunghi anni di totale blocco, si chiude il primo contratto che ha consentito di aggiornare le nostre retribuzioni. Siamo certamente ben lontani dagli incrementi contrattuali che abbiamo conosciuto “di sfuggita” negli anni novanta, ma si tratta comunque di un significativo passo in avanti.
Qualcosa è arrivato nel seppur modesto adeguamento delle retribuzioni (comunque con una percentuale superiore rispetto al pubblico impiego e le forze di polizia) a cui si aggiunge la parte del salario accessorio riversata nell’indennità d’istituto ed infine le progressioni di livello retributivo che con quest’ultimo accordo saranno possibili per tutti i colleghi.
Non si tratta certamente del contratto “perfetto” che ha accontentato tutti ne di quello che cambierà il nostro tenore di vita ma semplicemente di un piccolo, auspicato e quanto necessario “passettino” in avanti dopo anni di totale immobilismo. Probabilmente nel suo “piccolo” il miglior risultato che, alla luce delle norme ed i vincoli di bilancio dello Stato, si poteva ottenere.
Ora chiuso questo ciclo dobbiamo lavorare da subito con la nuova Giunta Regionale per garantirci le risorse per il rinnovo contrattuale (già scaduto da un mese) la riclassificazione del personale CFVA e l’adeguamento dell’indennità “d’istituto”. Ma prima ancora delle prossime “sfide contrattuali” sarebbe auspicabile una riflessione ed una maggiore consapevolezza di tutti sulle norme ed i vincoli, spesso strettissimi, che impongono spazi limitati alla contrattazione e alla disponibilità di scelta delle organizzazioni sindacali.
Nel caso delle progressioni, ad esempio, la legge dello Stato vieta espressamente che le singole amministrazioni stanzino le risorse per il 100% del personale (il passaggio sarebbe riservato esclusivamente per la parte “meritevole” di esso) e per arrivare al risultato che abbiamo ottenuto in queste progressioni occorre seguire un complicato percorso fatto di stanziamenti aggiuntivi e accordi contrattuali, per niente semplici o scontati, che devono poi sempre trovare il benestare della Corte dei Conti. Per quanto incerta e ricca di insidie questa è l’unica strada percorribile che espone sindacato e sindacalisti (che si caricano di questa responsabilità) alle critiche di chi anche furbescamente, alla ricerca di consenso, propone alternative facili.
Una maggiore e più diffusa conoscenza di queste difficoltà e la consapevolezza che il sindacato e la contrattazione sono soggetti al rigoroso rispetto delle regole, che molto spesso non coincidono nemmeno lontanamente con quello che riteniamo “giusto e corretto”, aiuterebbe molto a fare scelte condivise e trovare quella coesione necessaria per riuscire “a farci sentire”. Del resto la principale storica forza dei lavoratori è sempre la stessa: essere uniti.